- per Antonio Contu'
- in Novità
- on 11/10/2021

In un giorno di fine Settembre, Alberto Spataro, in arte “ALBERTO”, decide di concludere l’estate regalandoci un nuovo piccolo pezzo di sé, Se non Sali. E il fatto che venga rilasciata proprio in questo periodo dell’anno non è casuale: Settembre è un mese di inizio, ma soprattutto di fine, in cui ti scopri a ripensare ai momenti in cui, spensierato, che fosse il principio o la conclusione di qualcosa poco ti importava, perché era tutto in divenire. Questo tipo di nostalgia ha come sottofondo il suono di corde pizzicate con leggerezza, nello stesso modo in cui, in un falò estivo, si accompagnano alle voci di un gruppo che, ora, non c’è, dando spazio ad una solitudine che quel suono stesso riempie.
Alberto di estati così ne ha vissute circa venticinque, anche se ha iniziato a condividerle da poco con gli altri. Nel 2017 decide di dedicare il suo tempo nel mondo alla musica, diplomandosi all’ “EDM Production” e dando vita al progetto “Kuazo”, le cui figlie sono state produzioni di musica elettronica per numerose case discografiche. Dopo aver collaborato con molti artisti, si decide, però, a dare voce alla sua stessa voce, senza dipendere da altri, e nel 2019 inizia il suo progetto cantautorale, rilasciando, nel 2020, il suo primo singolo, Giovedì.
Oggi ci racconta così del suo ultimo progetto:
Ciao Alberto, come stai? Sei emozionato per aver fatto uscire Se non sali, esponendo un altro pezzo della tua intimità?
Ciao ragazzi, benissimo e super felice per l’uscita. Condividere un pezzo di sé credo sia sempre terapeutico.
L’uscita di Se non sali mi ha molto gasato, era da tempo che ci lavoravo e che aspettavo di condividerlo, ma l’emozione più vera e sincera la provo quando i pezzi vengono capiti per quelli che sono.
Ascoltando i tuoi vecchi pezzi, partendo da Giovedì, si ha la sensazione che costituiscano dei pezzi di un puzzle che, progressivamente, costruisce il tuo immaginario musicale e comunica al pubblico il tuo lato più personale: Se non Sali, in questo percorso, di quale parte di te vuoi che sia rappresentazione?
Il mio immaginario musicale si evolve continuamente con me e con quello che provo.
Credo che ogni pezzo sia a sé stante, che rappresenti una parte di me ben specifica, in questo quadro composto dai vari brani Se non sali sicuramente rappresenta la parte più spensierata che punta a trasmettere leggerezza e una punta di nostalgia.
Ti va di raccontarci la o le esperienze da cui trai la narrazione di Se non Sali?
Il testo di questo brano è stato scritto in un periodo della mia vita che possiamo definire “di transizione”.
Racconta la storia di due ragazzi che si trovano a percorrere strade diverse; questo può portare a rappresentare la solitudine come libertà, o viceversa, sta tutto al punto di vista di chi osserva.
La durata della canzone, così come i tuoi precedenti pezzi, durano tutti circa 3 minuti – se non di più, scelta che è in contrasto con un’industria musicale che predilige durate sempre più brevi; questa scelta pensi ti aiuti a creare una narrazione più completa di ciò che vuoi raccontare?
L’industria musicale evolve molto rapidamente, i generi cambiano, tornano, si rinnovano con una velocità fuori dal normale.
Questo sicuramente ci da modo di sperimentare e creare in maniera molto più fluida, ma l’ascoltatore d’altra parte credo abbia perso la “pazienza” nell’ ascoltare e questo è il motivo per cui tutti i brani tendono a durare sempre meno.
Io cerco di mantenermi su una durata di 3 minuti perché credo che sia più importante creare delle immagini all’interno del pezzo cosi che l’ascoltatore possa, oltre che ascoltarlo, immaginarlo come se fosse una storia vissuta in prima persona e credo che questo vada oltre la durata di un pezzo.
Ascoltando Se non Sali e Mare d’Inverno si sente una base musicale che, presa singolarmente, crea nella mente dell’ascoltatore le immagini di un pomeriggio estivo in riva al mare, ma, ascoltando il testo, si ha una certa malinconia, come se quest’esperienza emotiva fosse vissuta in solitudine: tu ti senti così nel momento in cui vivi le storie che racconti?
Si dice che dalla sofferenza nasca l’arte ed in questo mi ritrovo molto.
Principalmente scrivo di quello che vivo e molte volte la solitudine e la malinconia fungono da motore creativo.
Le due canzoni che hai citato sono state scritte entrambe d’estate, vivendo delle esperienze diametralmente opposte ma facenti parte della stessa sfera emotiva forse questa è la similitudine che si può provare ascoltando i due brani.
Un elemento che mi ha colpito molto è stata la scelta dei colori delle tue copertine, in particolare delle tonalità: non sono mai sgargianti ma hanno dei toni simili a quelli di polaroid scattate con le macchine usa e getta. Questa scelta di “ovattare” le immagini è voluta e rispecchia una ricerca di comunicazione di profondità?
Ad oggi la parte visiva ed estetica è fondamentale per poter raggiungere il pubblico, un setting specifico di colori e scene permette di trasmettere ciò che vuoi comunicare ancora prima dell’ascolto.
Ogni copertina, come ogni video e foto è ben ragionato e studiato.
I miei brani parlano di normalità, di situazioni che possono essere vissute da chiunque e in cui tutti possono rispecchiarsi e questo è il motivo per cui tendiamo ad utilizzare colori più tenui, per cercare di trasmettere quelle situazioni da un solo sguardo.
Ho la fortuna di lavorare con Fabrizio Milazzo con cui studio ogni concept inerente ad ogni pezzo e che si occupa della parte fotografica e creativa del progetto, il tutto concluso da Omen che si occupa della parte grafica.
Hai dei programmi dopo l’uscita di questo singolo? Se sì, possiamo averne un’anticipazione?
Ho molti brani in cantiere tra cui alcuni a cui tengo molto, a cui sono molto legato.
Creare qualcosa di ancora più personale e intimo sicuramente fa parte dei miei progetti imminenti.
Sono sicuro che vi piacerà quello che succederà, ma perché privarsi del piacere di una sorpresa?
Concludiamo così: dicci tre motivi per cui , chi non ti conosce, dovrebbe ascoltare Se non Sali
Per innamorarsi, per sentirsi capiti ma soprattutto per sentirsi liberi!
Matilde Inzoli Govoni
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Tags: Alberto, intervista