- per Antonio Contu'
- in Recensioni
- on 15/02/2023

Nella storia dell’Hip Hop nostrano, Bologna ha giocato un ruolo centrale – soprattutto all’inizio. La città emiliana ha sfornato numerosi talenti: tuttora esibirsi lì è motivo di orgoglio per i rapper, e ogni volta che un nuovo artista cerca di emergere deve portarsi sulle spalle il peso di una tradizione decennale.
Ballo e Kime sono appunto bolognesi e hanno appena pubblicato il loro EP intitolato “Tessuto Urbano”. Basta solo leggere la collaborazione presente nell’intro per capire a cosa si andrà incontro: DJ Fastcut dà infatti l’approvazione ai due ragazzi, che spinti dalla passione per il rap danno il loro meglio in sei tracce.
“Bolocrazia” presenta un beat all’apparenza semplice, che al ritornello però si espande con l’aggiunta di un suono di tromba capace di conferire alla traccia un senso di pienezza. Al resto ci pensano i due rapper, citando leggende del rap americano e inserendo un’ottima citazione alla pellicola “L’Odio” che dimostra ancora una volta qual è il background dei due ragazzi.
“Naufrago” e “Viscere” portano un po’ di introspezione: nel primo brano i due artisti mettono in rima le loro debolezze, usano la musica come valvola di sfogo e utilizzano la collaborazione con Prex per ammorbidire l’atmosfera; il suono si incupisce nel successivo pezzo, con degli accordi di chitarra che appesantiscono ulteriormente il testo e una batteria ruvida che scandisce il tempo.
L’EP prosegue con “Goodbye”, una traccia che stacca nel modo giusto il malessere precedente e mette in mostra le abilità tecniche di Ballo e Kime. E se le loro capacità non fossero ancora emerse abbastanza, ci pensa la posse track finale a togliere ogni dubbio: Zibbo, Eden, Zenda, Raphiki, Prex ed Elzai si uniscono sopra un beat con un synth vigoroso che basta a riempire la produzione. Rime sciolte, metriche serrate, flow vari e qualche frecciatina a chi approfitta della popolarità del genere. La chiusura perfetta per un lavoro come questo.
Brano preferito: Naufrago
Tags: Ballo, Kime, rap italiano, recensione, Tessuto Urbano