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Cinque chiacchiere con… Dex

Abbiamo intervistato i saronnesi Dex, tornati discograficamente operativi dopo un lungo periodo d’inattività in cui si sono dedicati ad altri progetti, comunque riconducibili al loro percorso artistico.
 
Ciao, e benvenuti.
“Estate del 2003” mette in mostra la vostra ironica nostalgia, ma anche doti artistiche sopra la media per merito delle esperienze fin qui accumulate, impreziosite ulteriormente dall’impeccabile lavoro produttivo di Carl Fath.
Quanto siete soddisfatti del risultato finale?
 

Parecchio. Siamo riusciti a fondere il nostro background tipicamente rock con l’intenzione di procedere in una direzione più marcatamente pop, (niente di più complicato), ma il risultato ci soddisfa anche perché vediamo il sorgere di un sound tipicamente personale. Tipicamente Dex, insomma.

 

La ventennale storia dei Dex è sorta in un periodo storico in cui internet ed i relativi social network non avevano ancora l’impatto che hanno oggi sulla società moderna: che rapporto avete attualmente con questo mondo?

Un bel rapporto. Lo troviamo un sistema per promuovere la propria musica molto “democratico”, ed infatti permette di raggiungere migliaia di ascoltatori liberamente… Ascoltatori che poi decidono autonomamente se apprezzare o meno la musica proposta.

Il vostro progetto, dopo un proficuo periodo iniziale, è stato accantonato per diverso tempo: quanto è mutata in questo lasso di tempo la vostra concezione di musica, e quanto è difficile far condividere oggi i vostri diversi background?

Beh, onestamente abbiamo avuto sempre un grande feeling, che si traduce poi nella capacità di far convergere le proprie peculiarità artistiche in un unico progetto.

Avete in programma la pubblicazione di un vero e proprio album? Sarebbe curioso verificare in maniera più approfondita la vostra evoluzione…

Sì, certamente. Stiamo già lavorando ad un EP di quattro pezzi che metta in luce e che faccia conoscere a pieno le nostre potenzialità, e dove i Dex vogliono arrivare.

Capitolo Covid, prima di salutarci: quanto ha influito la pandemia sul vostro attuale percorso aritistico? Molti degli artisti intervistati recentemente hanno indicato come lato più frustrante di questa situazione l’impossibilità di proporre la propria attività live: siete d’accordo?
 
Pienamente. Noi nasciamo come live band, però abbiamo sfruttato al meglio questa interruzione forzata studiando e perfezionando le nostre capacità in ambito compositivo e di arrangiamento dei brani, migliorando tecniche di ripresa e di registrazione.

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