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CINQUE CHIACCHIERE CON… GLI ALCALINE

In occasione dell’uscita del loro EP d’esordio, “Volta”, abbiamo fatto quattro… anzi, cinque chiacchiere con gli emergenti Alcaline, quintetto umbro che ci propone un rock fortemente contaminato da diversi stili e sonorità inconsuete.
 
 
 
-Come sono nati gli Alcaline? Presentateci la band.
Gli Alcaline sono nati nel 2017 quando Riccardo (batteria) e Andrea (chitarra) vengono fatti incontrare da Diego Petrini, componente de Il bacio della Medusa. Durante la prima prova in assoluto, nasce la voglia di fondare un progetto musicale: così i due hanno gettato le basi della canzone che sarebbe diventata poi “La chiave”, brano di apertura dell’EP “Volta”. Con il passare dei mesi si sono aggiunti il secondo chitarrista, Giuseppe Mollica, e Carlo Genovesi al basso. La formazione si è infine conclusa con l’arrivo della voce di Francesco Cirimbilli. Con il gruppo al completo, il processo di scrittura dei pezzi è diventato più intenso; nel frattempo, arrivano le partecipazioni a contest regionali e nazionali e le prime serate live. Finalmente, dopo una sessione intensiva in studio di registrazione e un travagliato periodo di produzione, a inizio 2020 esce Volta, primo lavoro della band.
 
 
Qual è il vostro background e la vostra ispirazione-influenza musicale più marcata, e cosa ne pensate della scena rock nostrana attuale?
Ognuno di noi viene da un background abbastanza diverso, dal progressive all’indie rock, dal rock classico all’heavy metal. Abbiamo unito le nostre divergenze per creare un genere che ci piace dire appartenga al ‘progressive indie’, un movimento musicale che sta nascendo in questo momento. Per quanto riguarda la scena rock italiana dei grandi palchi pensiamo che ormai sia abbastanza slegata dal concetto di rock a cui siamo abituati; possiamo dire che si sia evoluta nell’indie rock dei FASK o in quello più cantautorale di Motta, per fare due nomi. Siamo tutti d’accordo sul fatto che le sonorità, così come il mood più tipico della musica rock si possano ritrovare con meno contaminazioni nei gruppi più underground, che non sono riusciti ad avere la stessa attenzione mediatica degli altri – Come I cieli di Turner, i Please Diana o Il bacio della Medusa
 
 
Pensate che il rock stia soffrendo troppo l’esplosione di sonorità diverse tra le nuove generazioni? 
Secondo noi no: da una parte il rock si è evoluto nel tempo, inglobando spesso altri generi – sonorità elettroniche, un mood più pop, tendenze cantautorali – e quindi la concezione stessa è molto cambiata, diventando in qualche modo più orecchiabile per tutti. È anche vero che l’audience di oggi sembra interessata a generi troppo distanti dal rock, rendendo molto difficile apprezzare le band che sono ancorate a questo mondo.
 
 
Qualche vostro testo l’abbiamo personalmente considerato enigmatico: “Nello scrigno” presenta nel ritornello la frase “Dallo scrigno non si fa ritorno”. Cosa intendete in quel passaggio?
Ci sono due interpretazioni: dal punto di vista folkloristico, “Nello scrigno” prende ispirazione dalla leggenda di Davy Jones, a cui facciamo apertamente riferimento nel testo. La storia parla del concetto della morte, e la sua presenza è opprimente, ma inevitabile. Dal punto di vista allegorico, invece, il testo vuole affrontare l’irreversibilità di alcune scelte, che spesso non ci permettono di fare un passo indietro. Tutto questo si contestualizza nell’ascolto del disco e nelle tematiche affrontate: la voglia di essere liberi, che oscilla tra ossessione e necessità.
 
Quali sono gli obbiettivi degli Alcaline per il 2020?
Il primo obiettivo di questo 2020 sarà portare alla luce un disco completo. L’Ep Volta rappresenta solo un estratto di tutto il materiale ancora grezzo e di tutte le sfaccettature con cui vogliamo affrontare la tematica della libertà. Certo, non vogliamo rinchiuderci solo in studio: la voglia di suonare dal vivo è tanta, e abbiamo intenzione di farci ascoltare il più possibile, così da ampliare il nostro pubblico, ma anche per perfezionare la nostra sintonia sul palco. Per il breve periodo ci accontenteremmo di poterci rivedere per fare le prove, pandemie permettendo.
 

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