- per Antonio Contu'
- in Novità
- on 05/01/2021

Abbiamo scambiato le nostre consuete cinque chiacchiere con Matteo Carraturo, in arte Kyūsai, fuori da pochi mesi con i primi due volumi di “Una di quelle notti”, progetto che raccoglie gli inediti fin qui plasmati dal cantautore.
Ciao Matteo, e benvenuto.
Le recenti release che caratterizzano la tua discografia si discostano dai cliché e dalle sonorità più comuni utilizzate dalla maggior parte dei tuoi colleghi: da cosa deriva la necessità di affidarsi ad un progetto volutamente grezzo?
“Grezzo” è esattamente la parola che ho sempre avuto in mente mentre registravo. Vorrei che “Una di quelle notti” non avesse nessun tipo di presunzione: la mia volontà di fare una registrazione il più “veritiera” possibile, con le mie stonature, con la mia voce strozzata nelle parti che più mi coinvolgevano, e così via. Non c’è praticamente nessun lavoro in post-produzione per due motivi: il primo, e non lo nego, è che non ho le capacità per ora di farlo professionalmente, il secondo è praticamente tutto ciò che ho scritto sopra e che segue. “Udqn” (d’ora in poi userò l’acronimo per comodità) è nato nella completa disperazione personale di cui però non voglio parlare molto, se non per mezzo di metafore; è nato dall’immaginazione (una tenda, una chitarra, la pioggia che sbatte di sottofondo) di una notte d’estate in cui l’unica costante sono io mentre la compagnia cambia ogni qualvolta una persona diversa mette le cuffiette e si immagina la stessa scena. Questo l’obiettivo principale di Udqn, creare nell’immaginazione di chi ascolta la stessa che volevo creare per me, e di conseguenza provare emozioni apparentemente contrastanti, come la malinconia e la rilassatezza.
Il tuo peculiare stile cantautorale mette in mostra i lati più vulnerabili della tua persona: qual’è l’input più forte che ha ispirato le liriche dei tuoi lavori ?
Come dicevo prima, Udqn è nato in un periodo delicato, in cui scrivevo solo per me, senza pensare ad una pubblicazione. Anzi, quest’ultima è arrivata con i mille dubbi del momento e rimorsi del “dopo”, un insieme di cose che probabilmente non mi farà mai apprezzare il mio lavoro tanto quanto vorrei fosse apprezzato dagli altri. Le mie canzoni nascono sempre da un tema centrale da cui poi sviluppo tutto il resto, ogni canzone racconta qualcosa: per questo motivo e per tanti altri non mi reputo un cantante, o un musicista, ma più un cantastorie, per certi versi.
La delicatezza riversata nei testi lascia trasparire una certa maturità, a dispetto dell’età anagrafica: per affermarsi come cantautore pensi sia piu importante avere una comprovata base culturale, oppure profonda percettibilità emotiva?
Non credo ci siano delle regole. In realtà, per quanto mi riguarda la musica non ha nessuna regola. Ha solo certe linee guida che diventano regole personali nella misura in cui poi incontrano il pubblico: se qualcuno facesse musica solo per se stesso, potrebbe fare qualsiasi cosa, ed in realtà è proprio così che dovrebbe funzionare e che forse funziona. Io stesso, ascolto qualsiasi tipo di musica: mi rendo conto che ci siano generi musicali, oppure semplicemente artisti che non parlano di nulla e le cui liriche non hanno alcun importanza, ma secondo me può benissimo andar bene così. Li ascolterò comunque, per un motivo o per l’altro.
Spulciando la tua biografia abbiamo notato l’intento di cimentati in sonorità più moderne: il vero Kyusai è quello che abbiamo appena ascoltato oppure deve ancora svelarsi?
Credo che Udqn rappresenti più che altro l’essenza della musica per come la vivo io, il vero Kyusai non esiste, dipende dal mio vissuto e da quello che poi riverso nelle canzoni. Io ho sempre ascoltato musica più per stati d’animo che generi musicali, ed è quello che farò anche io nelle produzioni, con i mille dubbi del caso, ovviamente
È saggia e condivisibile la scelta di dividere in due volumi “Una di quelle notti”, anche se, nonostante la decisione di affidarsi ad un mood piuttosto malinconico, non ci siamo mai annoiati durante l’ascolto: hai in mente un eventuale terzo capitolo della saga?
Credo che il prossimo lavoro sarà il terzo volume di Udqn, poi un album dalle sonorità underground rap (con delle influenze jazz, sopratutto nei pattern delle batterie) di cui avevo pubblicato un singolo, poi temporaneamente eliminato per alcuni problemi di distribuzione. Ripeto che quando parlo di generi musicali lo faccio solo perchè in qualche modo mi sento obbligato a farlo, per me i confini tra generi sono molto meno delineati e più sottili di quanto non li facciano sembrare.
Udqn non è un album, per come lo vivo. Udqn è una raccolta di canzoni, slegate una dall’altra e che potrebbe non aver mai fine, potrebbe arrivare ad un decimo volume o potrebbe arrestarsi al quarto: dipende da quello che vivo e che quindi poi ho la possibilità di raccontare. Conoscendomi, è un progetto che difficilmente finirà presto. Spero che, come ho ripetuto prima, il mood malinconico non sia l’unica emozione trasmessa da Udqn, anche se poi ovviamente dipende da un ascoltatore all’altro. Credo che, per esperienza, la sofferenza più intima permetta di avvicinarsi il più possibile a quella che è la mia immaginazione; perchè poi, di fatto, non è altro che raccontare ad un amico intimo le proprie storie o quelle di altri, solo per mezzo di gocce di pioggia e note.
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