- per Antonio Contu'
- in Novità
- on 17/04/2023

Nei giorni scorsi ci è stato recapitato il nuovo album di Marongiu & i Sporcaccioni, band goriziana di lungo corso di cui, ammettiamo, non ne abbiamo mai approfondito la conoscenza. A dispetto di ciò, il nuovo album “Welcome to Bisiacaria” è il progetto che abbiamo in loop: critico, sfacciato ed irriverente, oltre che suonato magistralmente.
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Claudio Marongiu, frontman della band che ci ha sorpreso per carisma e professionalità. Abbiamo parlato del significato intrinseco di alcuni passaggi del nuovo lavoro, di ipotetiche collaborazioni ma anche del futuro dei suoi Sporcaccioni, proiettati verso un estate a tutta musica.
Ciao! Benvenuto su Primo Ascolto.
Da una manciata di giorni è fuori il vostro quinto album, che dà ulteriore linfa ad una carriera quasi ventennale. Quali sono le differenze sostanziali presenti in “Welcome to Bisiacaria”, se confrontato con i progetti precedenti?
Ciao e grazie per l’intervista.
‘Welcome to Bisiacaria’ è il disco che avremmo voluto incidere a vent’anni ma non ne avevamo le capacità, intese sia come maturità logistico-organizzativa (prendere un aereo per registrare in Sardegna a vent’anni? impossibile), sia come esperienza di studio sufficiente per riuscire a portare a casa un risultato efficace a fronte di budget e tempistiche limitate. È diverso dai precedenti in termini di suono, non ci sono svolazzi artistici, poche sovraincisioni, l’attenzione è concentrata sulla potenza di fuoco della batteria e le due chitarre elettriche, con il basso che detta il timing diligente. Crudo e asciutto ma curato quel che serve da Joe Perrino (produttore) e Maurizio Pinna (fonico di studio) per renderlo, a dispetto dell’identità dichiaratamente localistica, un prodotto sì genuino, ma in grado anche di parlare un linguaggio internazionale. A chi lo sappia ascoltare.
Tra i testi (come sempre) irriverenti abbiamo percepito della critica sociale per nulla scontata: avete mai avuto la sensazione di essere considerati dagli addetti ai lavori troppo superficiali, a livello di tematiche?
Avete colto nel segno. Quella che rilevate è una maledizione che ci perseguita da decenni. Il non essere abbastanza stimolanti per un certo tipo di intellettuale legato a schemi di critica desueti, né spendibili per un pubblico generalista che si abbuffa di musica come lo può fare il ragazzino obeso al McDondald’s. Stiamo nel mezzo, il che è sospetto di mediocrità –marcherebbe qualche malevolo-, ma è in effetti una mediocrità del tutto peculiare, piuttosto assurda, filosofica pur senza pretese di credibilità accademica, la nostra. Verrebbe da darci una pacca sulle spalle nell’attesa che il tempo ci dia ragione, ma neppure questo è vero: il tempo infatti ci inghiottirà nel buco nero di cui auspica la nostra sagace hater Orsetta Pelosa.
In brani come “Via Romana” e “Ciro” le liriche vanno a raccontare dei personaggi quasi folcloristici, a tratti suggestivi: sono narrazioni edulcorate o conoscenze conclamate?
Non sono edulcorate, ma uniscono diverse impressioni e personaggi esistenti, in quel compromesso immaginativo che è la forma canzone. “Via Romana” è da sempre una delle via più proletarie e rappresentative di Monfalcone, cittadina legata al colosso Fincantieri, che porta inscritta nel DNA dei propri abitanti una cultura insieme portuale, operaia e legata alla navigazione: fascino, decadenza, ascesa, crollo, ripresa, lotta, processo, scontro, immigrazione, sindaco, giunta, sinistra, destra, “Ciro”, Bangladesh. Anche un soggetto schivo ed egoisticamente ritirato dalla politica come il sottoscritto, non può che incamerare i cambiamenti che coinvolgono il nostro tessuto industriale, restandone parimenti scosso ed ispirato.
Il dialetto bisiaco è sempre stata una peculiarità costante della vostra discografia, così come la parlata veneta per i Rumatera, che hanno un po’ ispirato il vostro percorso. Avete mai pensato di mettere in piedi una collaborazione con Russo & soci?
A onor del vero, I Sporcaccioni esistono da prima dei Rumatera. Semmai, gli antesignani del movimento sono stati i Catarrhal Noise, con il loro metal cantato in dialetto. Quando ho iniziato con I Sporcaccioni, nel lontano 2004, non conoscevo né gli uni né gli altri, che ho largamente amato in seguito (non sono in ogni caso interessato al rivendicare la paternità di un procedimento linguistico naturale com’è quello dell’impiego dei dialetti in ambito rock).
A tal proposito, sì, non so ancora dirvi quando ma presterò la mia voce nella parte di un brano inedito dei Catarrhal Noise degli amici Bullo e Albyzzo, che colgo l’occasione per salutare.
In questo senso dunque, più che ispirare il nostro percorso, i Rumatera hanno rinforzato un’intuizione comune e cioè che i dialetti di matrice Veneta aggiungano sonorità ai brani e non costituiscano un handicap alla loro diffusione nazionale, bensì un’arma vincente:
il singolo “Austria & Puttane”, per darne piena riprova, è finito su Radio DeeJay.
https://www.deejay.it/programmi/ciao-belli/highlights/il-mago-forest-vs-austria/
A proposito di collaborazioni, in una vostra vecchia intervista esprimevate il desiderio di ospitare in un vostro progetto Dandy Bestia, storico chitarrista degli Skiantos: è ancora un vostro obbiettivo?
Certamente. Il fatto è che Dandy, segno zodiacale cancro come me, è una persona tendente alla pigrizia. Lo esterno con profondo affetto, lui stesso lo riconoscerà. Ciao Fabio.
In chiusura, cosa dobbiamo aspettarci dalla prossima estate per quanto riguarda l’attività live dei Marongiu & i Sporcaccioni?
Gli obiettivi non sono mutati. Diversi concerti nella provincia di Gorizia –rimaniamo una Bar Band- e qualche sorpresa oltreconfine: dico oltreconfine perché pare confermata almeno una serata in un festival importante nella vicina Slovenia. Un po’ di Veneto, forse po’ di Sardegna, ma essenzialmente, noi godiamo ad essere bistrattati in patria. Seguite la nostra pagina Facebook e Instagram per aggiornamenti.
Grazie delle domande avvincenti e…Sporaccioni a vita!
Tags: Claudio Marongiu, intervista, Marongiu & i Sporcaccioni