- per Antonio Contu'
- in Novità
- on 20/05/2022

Nella musica, come nella vita, essere a proprio agio è fondamentale, anche se spesso si corre il rischio di sacrificare, almeno parzialmente, tutto ciò che si stava costruendo.
Emmez, artista friulano fuori da pochi giorni con il nuovo album “Cuore di burro“, se n’è reso conto durante la pandemia: ha dunque deciso di rispolverare il suo lato artistico più punk, dando fiducia a quelle sonorità che lo hanno fatto innamorare anni fa della musica.
Ciao Marzio, ben ritrovato su Primo Ascolto. Pochissimi giorni fa è uscito “Cuore di burro”, un progetto che segna una nuova, sostanziale, svolta nella tua carriera discografica. Cosa ti ha spinto a tornare con tanta decisione al punk rock?
Ciao e grazie, così a freddo ti direi: lasciare andare la catena.
Veniamo da un periodo abbastanza pesante, gli ultimi anni ognuno li ha vissuti in maniera propria, sviluppando diversi modi di adattamento alle limitazioni che abbiamo attraversato e naturalmente ciò comporta delle conseguenze.
Un giorno mi sono messo a riflettere su quanto sia facile perdere il controllo delle cose e di quanto sia veloce l’abituarsi alle condizioni che non ci rispecchiano totalmente, quindi mi sono chiesto: “sto facendo veramente quello che voglio, oppure mi sono seduto?”
La risposta chiaramente tirava verso il cambiamento, da li le prime idee, i primi tentativi con WobbleSound fino ad arrivare al 13 maggio con “cuore di burro”.
Se nella vita non fai quello che senti, allora stai facendo qualcosa per abitudine, non è possibile restare sempre sulla stessa retta, magari di 0,1 ma bisogna cambiare ogni giorno.
Tante volte si cercano scuse per giustificare la paura di non fare il passo, io ad esempio ho pensato mille volte a come potesse essere accolto questo cambiamento radicale in maniera così brusca ma la scelta era tra: fare ciò che sentivo e volevo, oppure fare quello che gli altri si aspettassero che facessi.
La voglia che mi era nata dentro tirava in una direzione diversa dal rap, la strada in parte la conoscevo già, quindi ho semplicemente lasciato andare la catena e mi sono fatto trascinare da ciò che sentivo.
Non che il rap non mi rappresenti più sia chiaro ma in questo momento la fame del mio processo creativo, chiedeva di cercare appagamento col pop punk.
Il 2021 è stato l’anno in cui pubblicavo “Soltanto un altro Giorno” e puntavo sull’attività live per portarlo in giro, cosa che purtroppo non si è manifestata per le restrizioni che ci hanno accompagnato. Il disco veniva concepito comunque nel 2020 e quando l’ho pubblicato sentivo già i primi pruriti che richiamavano al punk rock.
Nei 365 successivi l’insofferenza dei live persi unita all’energia dell’incazzatura hanno portato a “Cuore di Burro”.
Hiphop e punk rock sono due cose completamente diverse, sia da ascoltare che da approcciare in fase creativa, quindi vestendo entrambi i panni di produttore e consumatore, mi sono trovato a sapere cosa volevo scegliere per soddisfare la catena.
Questo non esclude che nei live futuri porterò qualche pezzo HH, non voglio voltare le spalle a quello che ho fatto fino a ieri.
Tante analisi, riflessioni e racconti di questo album riguardano episodi sentimentali della tua vita, di cui hai parlato con minore frequenza nei precedenti progetti. Credi che il cambio di sonorità ti abbia aiutato ad approcciare determinati argomenti?
Senza il minimo dubbio.
Partendo dal presupposto che si può rappare su qualsiasi argomento, per come sono io, gli argomenti che si incasellano nel mio microfono sotto forma di rap sono quelli ascoltati fino all’ultimo disco.
La componente romantica che ha trovato respiro con “Cuore di Burro” non avrebbe mai avuto lo stesso spazio sopra un beat.
Il risultato è vincolato al modo in cui si esprimono le parole.
“Csaba” del 2019 e “Karma rx” di oggi, fondamentalmente trattano della stessa delusione nello scoprire che la falena è attratta dalla fiamma che la ferisce (o uccide a volte) ma il risultato che ne esce è completamente diverso.
La catena di cui ti accennavo prima ha trascinato con se quella parte romantico/drammatica che il mio rap lasciava sommersa in favore di altro.
Non ti nego inoltre che dopo due anni di negatività (che reputo di aver sfogato nella giusta dose e maniera) necessitavo di un cambio di polarità e di alleggerire il carico.
Una grossa fetta della torta se l’è presa la nostalgia: del come trattare ed esprimere certi argomenti, del raccontare certi episodi dimenticati e poi ricordati, di scrivere con una penna diversa dalla precedente.
Con la traccia che apre il disco, “il cambio di stagione”, dove il titolo rappresenta anche il cambio di stile, ho voluto descrivere la presa di coscienza delle cose che mutano contro la nostra volontà e tante volte ne prendiamo atto solo quando non si può tornare indietro.
Per quello che è Emmez, questa cosa non sarebbe potuta uscire ugualmente se i pezzi fossero stati rappati; in questo la componente pop mi ha aiutato molto nella stesura dei testi da adattare alle melodie, a volte erano quasi dettati.
In molti passaggi del tuo nuovo lavoro si percepisce la forte Influenza di matrice californiana: l’intro di “Hiroshima”, ad esempio, sembra un vero e proprio omaggio a “Dumpweed”, brano del 1999 dei Blink 182. Rimanendo nei nostri confini, invece, quali sono le band punk rock che ti hanno maggiormente forgiato? Il tuo cantato, ad esempio, ricorda vagamente Cippa dei Punkreas…
(ride)
Mi fa molto piacere che te ne sia accorto. I Blink sono stati la scintilla che mi ha fatto avvicinare al punk rock, ero in debito, dovevo restituire qualcosa.
Le componenti base della formula burrosa da cui sono partito sono state poche e semplici: California, Pop e romanticismo, il resto è guarnizione.
Per quanto riguarda il punk rock italiano, potrei fare una lista infinita, Punkreas, Peter Punk, Derozer, Porno Riviste ecc…sono solo alcuni esempi ma quelli a cui mi sono legato e ho preso ispirazione per l’album, sono senza dubbio gli “Impossibili” e i “Gambe di Burro” questi ultimi su tutti.
Il titolo dell’album è di fatto una citazione/tributo a loro.
L’avvento della grande distribuzione musicale, i mostri dello streaming come Spotify, i social ecc., ormai pilotano il nostro orecchio, soprattutto coi più giovani e questo porta inevitabilmente a una direzione di ascolto di massa.
Negli anni in cui questa cosa non era così diffusa, anzi non c’era, eri obbligato per espandere i tuoi orizzonti o semplicemente per amore della musica, a cercare nuove band coi mezzi che avevi.
Io, oltre andare ai concerti, amavo passare ore a battere internet, passando da un sito all’altro a caccia dei vari gruppetti indipendenti che pubblicavano qualche pezzo.
Un giorno, mi capitarono sotto al mouse i “Gambe di Burro”, fu amore a primo ascolto; punk rock melodico, canzoni brevi e romanticismo a pacchi. Questa è stata la marcia in più che me li ha fatti portare dietro fino ad oggi.
In questo genere, da ascoltatore sono uno che cerca spesso nei testi quel residuo fisso che ti lascia qualcosa, preferisco alle punch line e alle frasi ricercate, quei testi banali che con semplicità fanno scattare la molla del ricordo all’evento personale piuttosto che verso qualcosa che ti fa immedesimare nella canzone.
Ormai è sempre più frequente ascoltare storie di strada, xanax o bitchies, come è impossibile trovare chi fa uno story telling di un amore al luna park o di un cuore infranto a una festa. E’ facile colpire scrivendo di gang, furti e depressione…fammi emozionare parlando di cazzate o che dopo tanti anni indossi ancora le All Star! Basandomi anche su questo ho cercato col nuovo album di cambiare e adattare la mia scrittura a lyrics più leggere e semplici, con argomenti comuni e passare a descrivere cose meno personali rispetto a prima, in qualche senso anche più frivole.
Come accennavo precedentemente, con il mio tipo di scrittura HH, ciò non sarebbe stato possibile.
Gia nel precedente long play “Soltanto un altro giorno” ambivi a formare una vera e propria band per presentare dal vivo il progetto; con “Cuore di burro”, invece, diventa una necessità. Come ti stai muovendo sotto questo punto di vista?
Siamo al lavoro per portarlo live il prima possibile e per farlo è inevitabile la presenza di altri componenti.
Non volterò le spalle al rap e quindi la formazione dovrà soddisfare determinati requisiti.
Ibrido.
Non mi sbilancio oltre ma posso dirti che siamo a buon punto.
Abbiamo ormai imparato che ogni tuo nuovo lavoro è una sorpresa, anche se il ritorno alle sonorità con cui hai cominciato può significare la chiusura di un cerchio. Dobbiamo aspettarci nuovi colpi di scena dal tuo futuro artistico?
I “Dog Eat Dog” cantavano: ”Expect the Unexpected”
Scherzo!! Per ora la catena ha smesso di tirare.
Ci sono un sacco di sfumature del punk rock che mi piacerebbe esplorare ma non ho nulla in mente per il futuro prossimo, per fortuna scrivo con costanza e abbiamo già materiale su cui lavorare, quindi finché c’è n’è continuerò a gettare l’ancora in queste acque, almeno per i prossimi mesi, anche se spero fortemente di essere impegnato di più coi live che con la produzione. Poi chissà, la musica è principalmente emozione, quello che farò domani lo so già, quello che sentirò dopodomani è un mistero…magari la catena inizierà ad agitarsi…boh…la cosa sicura è che bisogna lasciarla andare e sentirsi liberi di seguirla.
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