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Don Joe: DON DADA | Recensione | Primo Ascolto

 

Dopo la separazione con i Club Dogo, Don Joe ha cercato una sua nuova identità sperimentando il più possibile: difatti, nel bene e nel male, ogni lavoro del produttore milanese è diverso dal precedente per influenze e artisti coinvolti. Con “DON DADA” il cammino prosegue, ma stavolta c’è un taglio più netto che in passato: tra gli ospiti chiamati nel disco troviamo tanti volti della nuova scuola – Kid Yugi, gli Slings, Joan Thiele e Uzi Lvke – e le sonorità si adeguano ai singoli rapper.

Da questo punto di vista Don Joe ha fatto un ottimo lavoro, dimostrando di sapersi adattare alle nuove tendenze, riuscendo a cavalcare l’onda anche dopo svariati anni di carriera. Troviamo così la latineggiante “SOLA”, le classiche “LAUREN HILL” e “JULIAN ROSS”, i banger “BIG IN CITY”, “TOP CITY” e “DRIN DRIN”, più un’interessante unione dei nuovi suoni di Detroit con quelli losangelini in “PIANO B”.

A livello di rap, gli artisti sfoggiano i loro stili caratteristici, e sebbene ci siano strofe interessanti, nessuna spicca più delle altre in modo totalitario. Questo è un punto a favore del progetto, perché nonostante la mole di ospiti non ci sono momenti di calo e la qualità del progetto si mantiene costante per tutta la sua durata.

Di conseguenza porta però ad una problematica, ovvero la mancanza di un’idea realmente originale: “DON DADA” è un producer album che funziona, mette in risalto l’apertura mentale di Don Joe ma non offre alcuna novità significativa. Sicuramente è interessante ascoltare artisti come Sacky o Neima Eizza su beat diversi dal loro solito, ma non c’è mai un senso di stupore.

Traccia preferita: PIANO B

 

TESTI
3/5
MUSICA
3.5/5
ORIGINALITA'
2.7/5

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