- per Antonio Contu'
- in Recensioni
- on 23/03/2022

Riassumere la carriera di Fabri Fibra in poche righe è pressoché impossibile, quindi ci ha pensato lo stesso rapper nell’intro del suo decimo album: “Caos”. Da cinque anni a questa parte i fan speravano in nuova musica da parte di uno dei capisaldi del genere, che in questo tempo ha concesso feat a chiunque ma non ha prodotto canzoni proprie; per questo motivo la notizia di un nuovo progetto è stata accolta calorosamente dal pubblico.
“Caos” racchiude al suo interno tutte le sfumature di Fibra: la rabbia e l’orgoglio di “Brutto figlio di”, la leggerezza di “Fumo erba” e le ballad pop camuffate come “Propaganda” e “Stelle”. Ciò che colpisce di più però sono i brani intimi e personali, che certamente non sono una novità nella discografia dell’artista; tuttavia, stavolta, hanno un peso differente.
Complice l’età e la conseguente maturità, Fibra si è messo a nudo come mai fatto prima. Nella title track il rapper descrive la sensazione di confusione che incombe quando è costretto ad allontanarsi da ciò che ama; in “Noia” – sul sample di “Blue in Green” di Miles Davis – parla di quando sopraggiungono gli stati depressivi e si perde la voglia di fare qualsiasi cosa, mentre “Liberi” è un flusso di coscienza nel quale l’autore dà la sua definizione di libertà.
“Caos” dimostra che a 45 anni Fabri Fibra è tutt’altro che finito. Il rapper ha utilizzato flow originali ed è riuscito a unire il suo stile con quello di artisti della nuova generazione come Lazza, Madame o Rose Villain, che in “GoodFellas” si è confermata ancora una volta la regina dei ritornelli. Se adesso la tendenza è quella di produrre brani street intrisi di violenza, il rapper di Senigallia ha dimostrato per l’ennesima volta che l’originalità ripaga. Sempre.
TRACCIA PREFERITA: Noia
Tags: Caos, FABRI FIBRA, rap italiano, recensione