- per Antonio Contu'
- in Recensioni
- on 05/11/2020

Fiorella Mannoia è un’artista a cui siamo strettamente legati: oltre ad essere una delle migliori interpreti femminili italiane, infatti, fu una delle prime recensioni (molto apprezzata) del nostro format, quando ancora eravamo un blog minuscolo che contava i follower sulle dita di una mano.
Ben felici dunque, di avere in cuffia un nuovo progetto della cantautrice romana, ad un anno e mezzo dall’ultima raccolta d’inediti: in “Padroni di niente” la Mannoia cede alle necessità dell’attuale mondo discografico, pronendoci un progetto più corto (otto brani) ma non per questo meno intenso.
Si parte con la titletrack dell’album, in cui l’artista si concentra sugli effetti del tempo su di noi e sul mondo, la cui grandezza ha il potere d’incidere sulle nostre esistenze; “Chissà da dove arriva una canzone” ed “Eccomi qui” sono invece i brani più riflessivi ed emozionali del progetto, che in “Si è rotto” enuncia la mancanza di stimoli affettivi.
A spezzare l’intima egemonia dell’album ci pensa la pop folk “La gente parla”, che lumeggia sarcasticamente il “tuttologismo” delle persone; “Sogna” è un esortazione ad inseguire desideri ed ambizioni, che alza il livello lirico al cospetto della successiva “Olà”, pezzo ballabile e meno impegnato.
La chiusura di “Padroni di niente” è affidata alla collaborazione con Oliva XX in “Solo una figlia”, brano che s’addentra particolarmente nel sociale e che affronta il parallelismo tra due adolescenze dissestate da diversi abusi: un pezzo che lascia dell’aspro nelle sensazioni dell’ascoltatore, ma che al tempo stesso amplifica la caratura di questa ennesima opera d’arte.
TRACCIA PREFERITA: PADRONI DI NIENTE
Una risposta.
Sì, concordo. “Padroni di niente” è un’opera d’arte. Ma Fiorella ci ha abituati alle opere d’arte. Questa ha un sapore diverso, un’energia magica. Lei si eleva a grandissima interprete con “Chissà da dove arriva una canzone”, brano regalato da Ultimo che diventa poesia. E poi il lockdown che ha prodotto test intimi, brani alla ricerca dell’Uomo. Padroni di niente lo è. Una raccolta di riflessioni, di pensieri uniti da un’unica mano, l’isolamento dovuto alla pandemia. Padroni di niente è l’artista che guarda ciò che accade. Che osserva il bene ed il male che c’è nella nostra società. Puntando il dito ne “La gente parla” e emozionandoci con “Si è rotto”, “Sogna” ed “Eccomi qui”, facendo parlare le giovani generazioni con “Solo una figlia” e cercando libertà con “Olà” (brano che risulta essere il più debole degli otto).
Voto 9
Maria Cristina Mastroeni