- per Antonio Contu'
- in Recensioni
- on 25/11/2021

A poco più di due anni di distanza dall’album di debutto “Lontano da qui” torna con una nuova raccolta di brani il cantautore campano Francesco Aubry, che ha rilasciato lo scorso 19 novembre L’extended play autoprodotto “Gli anni venti”.
Un lavoro anticipato da due singoli, la cui qualità lasciava trasparire la crescita artistica esponenziale di Francesco, sempre più focalizzato sul suo nuovo percorso: “Gli anni venti” è infatti un vero e proprio concept EP dove il tempo è il protagonista indiscusso, come intuibile dal grosso orologio sulla cover del progetto e dal persistente ticchettio delle lancette all’interno dei pezzi.
A ciò si aggiunge l’ambientazione spesso vintage che Aubry è capace di provocare, come dimostra il brano d’apertura “Brandy”: con questa traccia mi sono personalmente sentito catapultato in uno swing club di Chicago, nel pieno rispetto del titolo dell’EP; segue proprio la titletrack, che propone una critica nemmeno troppo velata alla società moderna ed ai cliché del momento su di una base quasi sperimentale, caratterizzata da un particolare connubio tra synth e chitarra elettrica.
Il terzo brano, nonché più significativo, è “Clessidre”: una lunga rilfessione esistenziale che gioca sul concetto di tempo, tra accelerazioni del ritmo e rallentamenti che fanno prodigare l’autore su più generi senza mai annoiare o divagare; a seguire troviamo i singoli rilasciati durante l’estate: “Novecento”, un sentito omaggio a protagonisti ed eventi del secolo scorso, e “D.N.A.”, più nostalgica oltre che celebrativa nei confronti delle proprie origini e del proprio passato. Chiude “Hikikomori”, pezzo che acquisisce carica dopo il primo ritornello e che sprona a reagire al proprio disagio, invitando ad una profonda analisi introspettiva.
Insomma, “Gli anni venti” si dimostra un progetto con delle meritate velleità: la minuziosa cura di Aubry nei particolari va ad impreziosire ulteriormente la sua poliedricità, tangibile nello scorrere dei brani; il concept sul tempo si dimostra inoltre azzeccato, soprattutto in un periodo storico particolare come quello attuale dove il desiderio preponderante è di tornare a condurre un esistenza normale quanto prima.
Tags: Francesco Aubry, Gli anni venti, recensione