- per Antonio Contu'
- in Novità
- on 14/09/2023

Questa sera andrà in scena l’atto conclusivo del “Belvedere Tour”, lo show itinerante che ha portato Galeffi ad esibirsi su palchi importanti di mezza Italia a partire dallo scorso giugno.
Alla data svoltasi ieri sera al Circolo Magnolia di Milano seguirà infatti quella di Villa Ada a Roma, che per Marco rappresenta una sorta di ritorno a casa. Lo abbiamo raggiunto nei giorni scorsi per fargli qualche domanda: si è parlato ovviamente del tour e dei progetti futuri, senza lesinare qualche riflessione sull’attuale mercato discografico.
Ciao Marco, benvenuto su Primo Ascolto. Partiamo dal tour estivo, che ti ha visto impegnato in maniera piuttosto uniforme per una decina di date in giro per l’Italia e che si chiuderà col botto: sei soddisfatto dei feedback ricevuti durante questi ultimi live da parte del pubblico?
Vero, è stato un tour molto bello, forse il migliore fino ad ora, aldilà che è il mio secondo perché purtroppo la pandemia mi ha costretto a cancellare le date. Non sono uno di quelli che le ha posticipate in eterno, ho preferito azzerare il tutto e ripartire con calma e quindi aspettavo questo Belvedere Tour da diverso tempo ed è stato più bello di quanto mi aspettassi. Spero veramente che queste ultime due date siano meravigliose perché penso che anche io e la band ce lo meritiamo, abbiamo lavorato tanto durante l’anno per suonare bene, i feedback sono stati estremamente positivi e di questo sono molto fiero. Sia gli addetti ai lavori che la gente hanno apprezzato realmente la performance, come abbiamo strutturato tutto il live. È comunque un live duro, largo e variegato, sono molto fiero di tutto questo lavoro.
Poco prima dell’estate è uscito “NIRVANA VAN GOGH”, un brano che ha evidenziato una certa evoluzione a livello narrativo pur mantenendo pressoché inalterata la tua cifra stilistica: la critica ha apprezzato molto questa tua sottile mutazione… Sei stato subito soddisfatto del risultato finale?
“NIRVANA VAN GOGH” è una canzone a cui sono affezionato e ovviamente sono contento quando la gente, la critica, gli addetti l’apprezzano. Al di là di questo penso che fosse il momento giusto per farla uscire, è una canzone che avevo scritto non chiudendola, come faccio spesso, quasi un anno prima. Poi si è deciso di far uscire un brano che fosse un po’ fuori dalle dinamiche della hit estiva, anche perché chiaramente non appartengo a quel campionato lì per ovvi motivi; mi serviva quindi un pezzo fresco ma che comunque fosse pieno di contenuti e credo che alla fine sia stata una trovata giusta farlo uscire in quel periodo lì. È anche molto divertente da suonare, poi molto spesso nei live uno capisce di più anche la dimensione di una canzone, non sempre le piattaforme digitali rendono giustizia.
Da “Belvedere” è passato poco più di un anno, ma l’attuale mercato discografico è sempre in cerca della novità. Sei riuscito a lavorare sul tuo prossimo progetto inedito durante questa estate oppure ti sei concentrato unicamente sul tour?
Io sono uno di quelli che scrive abbastanza di continuo, non aspetto la fine del tour per mettermi a scrivere, tendenzialmente scrivo a prescindere. È chiaro che quando hai la testa sgombra da impegni e appuntamenti chiaramente lavori in maniera più focalizzata e concentrata, ottimizzi di più. Tuttavia non sono uno di quelli che ha bisogno di chiudere il tour per partire da zero e chiudere il disco, di solito scrivo e registro quasi tutti i giorni perché ho lo studio dentro casa. Cambia solo che quando finisce il tour e chiudi il libro del disco e ti proietti sull’altro, è ovvio che anche un po’ inconsciamente sei tendenzialmente più libero, leggero e riesci in qualche maniera ad essere più focalizzato, ma nella pratica non mi cambia più di tanto.
In questi giorni viene rilasciato un progetto che, stando alle premesse, potrebbe diventare un manifesto della musica indie pop nostrana, ovvero il joint album tra Coez e Frah Quintale. Se Galeffi potesse scegliere un collega con cui condividere un long play, chi sceglierebbe?
Ho letto la notizia sui social di questo joint album di Coez e Frah Quintale, sono molto curioso. Conosco molto bene Coez, siamo amici e trovo che sia molto bravo, Frah Quintale lo conosco un po’ di meno ma penso sia anche lui un bravo artista. Sono contento per loro. Io non lo so, anche per il tipo di musica che faccio, cerco di essere il più intimo e poetico possibile ed è sempre un po’ difficile immaginarsi di condividere quell’intimità con un’altra persona, a meno che questa non sia molto intima e quindi naturalmente poi si arriva ad un’unione. Se proprio vogliamo fantasticare posso dire
gli artisti italiani – sarebbe più facile dire stranieri – con cui mi piacerebbe fare qualcosa, in generale Cesare Cremonini su tutti, anche con Tiziano Ferro mi piacerebbe fare qualcosa. Se vogliamo rimanere nel mondo indie o quello che ne rimane, i miei preferiti sono Andrea Lazlo De Simone,
Giovanni Truppi e Calcutta.
Molti sottolineano di come la musica italiana abbia perso il proprio smalto, anche cantautorale, durante gli ultimi anni. Per uno come te che ha spesso puntato sulla qualità credi sia un pensiero condivisibile? Noi crediamo che la grande penalizzazione della musica nostrana sia la fruizione troppo superficiale delle nuove uscite, soprattutto degli artisti emergenti, e questo è dovuto all’enorme quantità di materiale discografico che viene riversato ogni venerdì sulle piattaforme streaming. Ti trovi d’accordo?
Si sono d’accordo, la pandemia ha un po’ accelerato determinati tempi. Prima le “ere” o i momenti della scuola cantautore romana tipo Silvestri, Fabi, Gazzè hanno avuto quasi dieci anni in cui erano il centro, adesso la musica va un po’ più veloce. La botta dell’indie è durata un paio d’anni dal 2016 al
2018, poi sono uscite tantissime cose, ovviamente troppe quindi adesso la gente ha anche difficoltà a scegliere, selezionare e seguire tutto quello che esce. Sono cose a cui penso relativamente perché non dipendono troppo da me, è il sistema che deve un po’ cambiare, io posso provare a cambiarlo con le canzoni puntando sempre di più sulla qualità perché se punti sulla qualità ci sarà sempre qualcuno che ti darà fiducia e ti permetterà di fare quello che ami.
Non tutti sanno che oltre ad essere un ottimo cantautore sei anche un rinomato autore: quali sono le collaborazioni in cui è emersa maggiormente la “chimica” e che magari ti piacerebbe anche replicare?
Sì sono un autore anche se non metto bandiere per dirlo, non per vergogna ma perché la mia priorità è il progetto Galeffi. Mi piace scrivere canzoni e mi piace scriverle anche con gli altri, sono tanti gli artisti con cui mi è piaciuto scrivere, tantissimo con gli Zero Assoluto, con i Tiromancino, Michele Bravi, forse più di tutti ti direi con Jack Savoretti, un artista italo-inglese con cui ho fatto delle cose molto belle.
Tra “Scudetto”, “Settebello” e “Belvedere” c’è un album a cui sei più affezionato?
Chiaramente “Scudetto” essendo il primo disco vince in partenza, gli inizi sono sempre i momenti più romantici e se penso al fatto che avevo 25\26 anni quando è uscito, ero un ragazzino e non sapevo fare minimamente nulla a parte credere follemente che si avverasse il sogno di fare le canzoni di
mestiere. Quando è uscito quel disco mi sono licenziato, facevo altri due lavori e vivevo la mia vita tranquillo poi il treno sono riuscito a prenderlo e ogni tanto maledico quel giorno perché la mia vita si è complicata enormemente per tanti aspetti, per altri è di certo migliorata e rifarei comunque tutto.
“Scudetto” vince non per un discorso oggettivo del disco perché forse è anche il meno bello dei tre, presumo che “Belvedere” sia il disco migliore dei tre come album, poi come picchi è anche molto soggettivo; la musica è soggettivistica quindi è proprio difficile determinare quale sia l’opera più riuscita, è chiaro che per motivi romantici “Scudetto” vince.
Prima di salutarci ti chiedo: una volta finito il tour, quali sono gli obbiettivi a breve termine di Galeffi? Anche personali, non meramente artistici…
Gli obbiettivi artistici sono chiaramente rimboccarmi le maniche e continuare a lavorare sulle canzoni nuove, qualcuna già esiste, va messa in bella ma già qualcuna la sento ogni tanto la sera prima di andare a dormire. Sono un ragazzo estremamente costante nel lavoro, molto diverso magari dal Marco della vita. Nella vita di tutti i giorni sono uno che si perde ed è un po’ distratto e lunatico, nel lavoro riesco ad essere sempre concentrato, sempre sul pezzo perché non sto bene senza la musica.
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