- per Antonio Contu'
- in Recensioni
- on 27/01/2022

Dai dischi con gli In The Panchine a oggi la musica di Gemello è cambiata profondamente, come la sua persona. Tra il 2004 e il 2008 il nome del rapper romano, all’anagrafe Andrea Ambrogio, era associato a quello del Truceklan, poi la pittura sembrò aver allontanato l’artista dalla musica, che dopo un periodo di pausa durato qualche anno è tornato al microfono con uno stile completamente diverso – più delicato e introspettivo – partecipando a diversi dischi e pubblicandone altrettanti.
“La Quiete”, questo il titolo del nuovo album, non è soltanto un modo per descrivere il mood generale del progetto, ma anche un tributo all’omonimo gruppo hardcore punk. Nelle tracce possiamo notare come la matrice principale sia quella rap, ma in realtà le sonorità sono varie e prendono ispirazioni anche da generi lontani dalla black music.
“Un Pezzo Di Universo” ha una strumentale delicata con una batteria decisa e dei vocalizzi che fanno da sottofondo. Il ritornello di Coez riesce ad ammorbidire ulteriormente l’atmosfera, creando un ottimo contrasto con il rap di Gemello e di Gemitaiz. “Risalirai”, invece, ha un ritmo più frenetico e i suoni si avvicinano a quelli dell’indie, ideali per accentuare lo stile dell’ospite: Carl Brave.
“Morti a galla” inizia con una leggera chitarra che scompare dopo le prime battute e ricompare verso la metà del brano, che per il tempo restante assume connotazioni vicine al rap classico. Sebbene le influenze siano cambiate nel corso degli anni, l’Hip Hop continua a rimanere un punto fermo per l’artista, il quale rievoca la propria giovinezza all’interno di “E Adesso?” citando i Mobb Deep, storico gruppo di New York.
“La Quiete” rispecchia la personalità dell’autore: l’introspezione e i flussi di coscienza caratterizzano i testi, uniti da una serie di riflessioni sul quotidiano che sfociano maggiormente nella malinconia, ma anche da attimi di rabbia (“Pipistrelli”) e di rivincita su se stessi (“Giostra”).
TRACCIA PREFERITA: “E Adesso?”
Tags: Gemello, La Quiete, rap italiano, recensione