Il primo progetto inedito della carriera discografica di Giuseppe Zoccali è “Noi poveri cristi”, EP autoprodotto di sei brani concepiti con la supervisione del maestro Luca Francioso. Zoccali dà così voce al ceto più operaio e manovale, capace di sfamare con la sola ghigna lavorativa le famiglie più numerose: l’artista fin dai preamboli chiede a gran voce una seria considerazione per la categoria, trasportandoci poi in storytelling dialettali dal richiamo fortemente popolare; c’è spazio anche per ampi passaggi strumentali e nostalgiche istantanee della sua terra d’origine, la Calabria, che viene respirata dalla prima all’ultima traccia. Piace la voce di Giuseppe quando aumenta d’intensità, e prova a trasmetterci in maniera smaliziata i sentimenti di chi sta rappresentando: nella spronativa “Malarazza” Zoccali critica l’immobilismo della società moderna, impreziosendo in maniera determinata il concetto di rivolta popolare che fino a quel momento era rimasto un pò nell’ombra.
Il groove ipnotico di “Noi poveri cristi” è inoltre perfetto per il contesto: tra pizzica, folk e sentori di musica etnica Zoccali riesce ad immergerci nelle sue origini e nella tradizione più popolare, trasmettendoci in maniera esaustiva la particolare situazione emotiva e percettiva di una categoria numerosa e sensibile.