- per Antonio Contu'
- in Recensioni
- on 11/04/2021

Glomarì, classe 1989, è un’artista a tutto tondo: architetto, cantautrice, fotografa, lei stessa dichiara che “se il mio coefficiente di creatività mensile sta sotto il 70% mi sento triste”. Da bambina pensava che sarebbe diventata una poetessa una volta cresciuta, e con il suo ultimo progetto “A debita vicinanza” conserva la sua abilità di fare entrare le persone dentro il suo mondo fantastico grazie alle parole, riuscendo a descrivere situazioni quotidiane con una malinconia dolceamara coinvolgente.
Se poi ci aggiungiamo il suo sound pulito, cristallino e semplice, ma mai banale, che ricorda a tratti quello delle canzoni d’amore francesi, possiamo chiudere gli occhi e lasciarci trasportare, fluttuando, dimenticando per 37 minuti scarsi chi siamo e dove ci troviamo, immedesimandoci nei protagonisti delle canzoni di Glomarì, che siano i panni stesi ad asciugare al vento ne “La filosofia dei panni stesi”, o la foglia che ondeggia, alla ricerca della sua libertà in “A suo modo danza”.
Appena l’ultima nota del disco si spegne si rimane qualche secondo in contemplazione, sentendo “Il retrogusto di un anch’io anche se sembra, il retrogusto di un…Addio”, stato emotivo che viene citato in “Mostarda” e che rimane in testa e non esce più.
TRACCIA PREFERITA: Ciao settembre
Tags: A debita vicinanza, Glomarì, recensione