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Il Tre – INVISIBILE | Recensione | Primo Ascolto

Guido Luigi Senia, in arte Il Tre, affronta quella che per gli artisti è una delle sfide più grandi dopo il successo del primo progetto: a due anni di distanza da “ALI”‘ è giunto il momento di “INVISIBILI“, il secondo lavoro discografico del rapper che ha come fil rouge l’onestà e un velo impalpabile ma fortemente presente di tristezza.

L’album comincia colmo di rabbia con “AMEN”: una barra dopo l’altra per combattere i demoni che divorano Guido da dentro, un flow impeccabile per difendersi dai rimpianti e la paura costante di essere “INVISIBILI”. “Passa il tempo, ma se aspetto, perdo”: qualche volta è bello pensarsi alito di vento, spifferi d’aria che si insinuano dentro le situazioni e si nascondono tra le pieghe degli abiti delle persone che amiamo, ma se alziamo lo sguardo e un cielo nero ce lo restituisce allora ci perdiamo tra le ombre.

“A VOLTE” ci ricorda che siamo fragili e lasciamo fluire le nostre emozioni, soffrendo tremendamente di solitudine. “BIG SHOW” è il primo featuring del disco: le barre bollenti con Nicola Siciliano ci portano verso “CRACOVIA PT. 4”, in cui Il Tre si sente il “padrone di questa merda” e il suo beat extraveloce non ci delude.

Un racconto introspettivo ci colpisce in “CAOS” e ci ricorda che nonostante tutti i tunnel neri in cui possiamo trovarci, qualche volta è un bene ammettere che soffriamo; “BLACKOUT” ci trasporta lungo un viaggio senza meta, e mentre proviamo per una volta a spegnere il cervello arriviamo a “COOLIN BREAK”, con Nitro e Enzo Dong, un brano puramente rap formato barre crude e introspettive. “IL CORAGGIO DELLA PAURA” e “ROMA” ci cullano come una ninna nanna e ci accompagnano al brano più emotivo del disco, “LETTERA A MIO PADRE”, che ci ricorda che le nostre radici sono la soluzione ad ogni nostro dubbio.

Il Tre con “INVISIBILI” ci ha di nuovo aperto un pezzo del suo cuore, della sua anima affidandosi a noi, condividendo un po’ delle sue paure e delle sue emozioni: siamo pronti ad accoglierlo.

Traccia preferita: CAOS

 

 

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