- per Antonio Contu'
- in Recensioni
- on 16/03/2023

Il nuovo lavoro discografico di Leo Pari, “Amundsen”, segna il cambio di stile dell’artista romano, che abbandona il suo pop-dance per avvicinarsi ad un pop più simile alla ballad, introspettivo e intimo, mentre ci racconta le difficoltà degli esseri umani più sensibili a sopravvivere in questi periodi in cui le emozioni sono viste come la più grande delle debolezze.
“Io non ho paura del buio, mi spaventa più il giorno della notte”: inizia così il primo brano, che dà il nome al disco, e ci introduce subito all’interno di una spirale fatta di domande senza risposta, di consapevolezze ritrovate e riprese anche in “Roma Est”. È come se ci risvegliassimo da un sonno profondo lungo una vita, in cui ci sembra di non aver raggiunto nessun traguardo: ci giriamo, guardandoci indietro, e scopriamo di aver vissuto una vita fatta di attimi indelebili, godendoci il momento e non curandoci di ciò che sarebbe potuto succedere poi. Ci ritroviamo soli con i nostri “pensieri che si trasformano in lacrime” e scivoliamo lentamente verso “Dormi”, che ci mette di fronte agli orrori dei giorni nostri, che possono essere superati solamente attraverso le piccole gioie quotidiane come un sorriso sincero, una complicità impossibile da spiegare.
“Giorni no” descrive la giornata tipo di un pensatore ossessivo, con la testa che non smette mai di fare rumore e ci porta all’auto sabotaggio: è importante riconoscere questi giorni, per riuscire a combatterli con le nostre armi migliori, senza pentirci mai delle nostre scelte e decisioni. La dedica al padre in “Un inverno freddo” è uno sguardo diverso del topic di questo album: l’amore in tutte le sue forme. “Ultima scena”, “E poi sei arrivata tu”, “Freezer”, “Il suono della città”: fanno tutte parte di questo enorme cerchio, che comprende anche l’abbandono. “Fenici” chiude l’album ed è il brano che più ci ricorda il “vecchio” Leo Pari: la frase “Vogliamo solo essere fenici, per rinascere dai nostri errori” potremmo tatuarla sul cuore.
Leo Pari con “Amundsen” ha aperto le porte della sua anima, provando a riversarla dentro di noi, e possiamo solo dire che è riuscito nel suo intento, senza alcun dubbio.
Traccia preferita: Giorni no
Tags: Amundsen, Leo Pari, recensione