- per Antonio Contu'
- in Recensioni
- on 28/08/2020

“Quello che è stato” è il titolo dell’album d’esordio da solista di Marco Sbarbati, che nonostante il debutto discografico esteso si trascina con sé una gavetta di tutto rispetto: dopo gli esordi come frontman dei The Shabbies, infatti, viene scoperto dal grande Lucio Dalla mentre si esibisce come artista di strada in Piazza Maggiore. Da quel momento la carriera di Marco sembra prendere una svolta piuttosto importante, anche se alle cronache ci rimane solo l’omonimo EP del 2014 oltre che un gran numero di esibizioni live come opening act di diversi artisti celebri (Elisa, Brunori Sas, ecc..)
“Quello che è stato”, anticipato da diversi singoli, sciorina un piacevole alternarsi tra brani più incalzanti (etichettabili come pop-rock) ed altri più pacati: l’emotività sentimentale farà da continuo comune denominatore, espressa sotto forma d’intrapendenza e positività, oltre che di un pizzico di viscerale utopia dettata dal continuo ragionare con il cuore.
Le riflessioni di Marco sono compatte e mai contraddittorie, anche se in alcuni casi abbiamo percepito una sottile aridità di tematiche: arriveranno anche quelle, non è mai troppo tardi, e la carriera di Sbarbati lo dimostra.
La linea vocale dell’artista, inoltre, da in alcuni casi l’impressione d’essere d’ispirazione Mengoniana: brani come “È solo una tempesta”, ad esempio, ci hanno ricordato lo stile e l’impostazione melodica del celebre cantautore viterbese.
Buon progetto, che rilancia le ambizioni di un’artista spesso ingiustamente poco considerato e che sembra aver trovato finalmente la sua dimensione.
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