- per Antonio Contu'
- in Recensioni
- on 04/11/2019

Il King è tornato.
A distanza di tre anni dal joint album con l’amico di sempre Guè Pequeno, ed a quasi cinque dall’ultimo progetto solista, “Status”, lo scorso 31 ottobre Marracash ha rilasciato la sua ultima raccolta di inediti: “Persona”, questo il titolo del lavoro, può essere tranquillamente considerato sul podio degli album più attesi del 2019 per quel che riguarda non solo la scena rap nostrana.
L’ambizioso progetto del rapper cresciuto in Barona prevede un concept album, dove ogni brano corrisponde ad una precisa parte del corpo umano: quindici tracce, con nove ospiti accuratamente selezionati e lentamente snocciolati durante la settimana antecedente l’uscita del progetto.
L’album si apre con “Body Parts”, che come prevedibile è una sorta di preview del viaggio che andremo ad affrontare, in cui vengono sciorinate tutte le parti del corpo a cui si fa riferimento; con “Qualcosa in cui credere” Fabio parte nel racconto del periodo emotivamente vuoto e senza obbiettivi affrontato recentemente, con la collaborazione di un Guè Pequeno per nulla banale nella sua parte di testo.
“Quelli che non pensano”, sulla base del quasi omonimo brano di Frenkie Hi-Nrg, è una critica sociale allo stereotipo di persona credulona e facilmente abbindolabile: in questa occasione si rinnova invece il sodalizio con Coez, già presente tra i featuring del precedente album di Marracash; inedita è invece la collaborazione con l’emergente Massimo Pericolo, che in “Appartengo” si rivela una perfetta spalla del King del Rap per narrarci l’attitudine nel vivere in situazioni particolari, come se fosse una sorta d’abitudine: la predilezione per la persona vera, schietta e credibile risulta lampante.
Con un inedito rap-elettro-rock Marracash è bravo ed incisivo nel criticare le disparità sociali in “Poco di buono”, dove viene campionato il ritornello del brano de “I Corvi” pubblicato oltre 50 anni fa; “Bravi a cadere”, singolo attualmente in heavy rotation, affronta lo sviluppo della capacità da parte dell’artista di attutire agli intoppi emotivi che la vita ci riserva; “Non sono Marra” distoglie provvisoriamente l’attenzione dal mood impegnato della prima parte dell’album, scherzando sulla forte somiglianza tra il rapper ed il vincitore di Sanremo Mahmood, co-protagonista del brano.
La rivalsa sociale di “Supreme” mette in mostra una doppia collaborazione: quella con “Tha Supreme”, molto interessante, e quella con “Sfera Ebbasta”, invece sottotono e piuttosto scontato nella sua parte di pensiero; “Sport” featuring Luchè è, tra tutti i brani, quello che più assomiglia all’ultima versione emotiva di Marracash che è rimasta impressa dopo l’uscita dell’album “Status”: ne esce un brano determinato, nel cui testo si esaltano le capacità e lo stile di entrambi.
“Da buttare”, invece, è il pezzo che meno ci convince: la base di Low Kidd lega poco con il resto del progetto, e le osservazioni del rapper sull’impulsività dell’essere umano non sono al livello stilistico dei brani fino ad ora incontrati; ci pensa l’intensità della successiva “Crudelia” a farci presto dimenticare del brano precedente: il testo sconvolge emotivamente l’ascoltatore, rappresentando una storia d’amore quanto meno nociva a causa della personalità distruttiva e manipolatrice della compagna.
La dodicesima traccia dell’album, “Goat”, invita l’ascoltatore ad accumulare qualsiasi tipo d’esperienza, anche negativa: tutto si rivelerà fondamentale per essere migliori in futuro; in “Madame” Fabio intraprende un ragionamento in tono confidenziale con la sua anima, impersonata dalla voce dell’omonima giovane rapper: ne esce una forte presa di coscienza, in cui Marracash si rende conto di aver troppo spesso accantonato questa parte immateriale del nostro corpo per dare la priorità ad altri istinti.
“Tutto questo niente” è un altro brano coscienzioso ed introspettivo: il rapper tratta la disamina di fama, ricchezza e del conseguente obbligo ad apparire, senza essere effettivamente appagati da quanto si è fatto; chiude l’album la collaborazione con Cosmo in “Greta Thunberg”: il brano è una velata critica alla protagonista del titolo ed a chi pretende che la salvezza dell’umanità passi dai piccoli gesti, quando poi chi ha potere non utilizza gli stessi princìpi.
Nel complesso, siamo usciti entusiasti da questo viaggio introspettivo all’interno di “Persona”: Fabio sembra aver debellato i difetti del personaggio Marracash, rendendoci partecipi dall’inizio alla fine di questo mutamento tanto intenso quanto sentito. Il rapper conferma con questo album di essere una delle migliori penne d’Italia, grazie agli incastri forbiti che saltano all’orecchio in più di un occasione; inoltre, l’attesa di “Persona” è stata fortemente ripagata da un lavoro curato e musicalmente ineccepibile: la folta schiera di producer che hanno lavorato a questo progetto (tra tutti il giovane Marz) ne è la testimonianza.
Bentornato, Fabio.
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Tags: marracash, persona, recensione