- per Antonio Contu'
- in Recensioni
- on 11/04/2022

I Mendicanti di Luce, come molte altre band, sono nati dall’incontro di tre amici dello stesso paese accomunati dalla passione per la musica; attivi da circa un decennio, fino a poche settimane fa annoveravano nella loro discografia un album ed un EP, i cui brani sono stati portati in tour in giro per l’Italia e non solo.
A questi progetti è stata aggiunta la release del loro nuovissimo extended play “Contro la Parte più Bella”, giunto a seguito di ben 4 anni di silenzio: un lavoro dove i Mendicanti di Luce hanno voluto osare maggiormente rispetto al passato, nei testi come negli arrangiamenti.
Il concept di ogni singolo brano della tracklist è infatti tratto da esperienze di vita vissute dalla band stessa, in modo creare racconti credibili, pieni di emozioni e stati d’animo differenti gli uni dagli altri: come, ad esempio, la difficoltà nel riuscire a far comprendere sé stessi e le proprie passioni, che sfocia poi nel desiderio di ribellione agli standard imposti dalla società ben descritta in “Alessandro”; oppure “Satelliti”, il singolo che aveva anticipato l’uscita del disco lo scorso 21 dicembre, dove i Mendicanti di Luce raccontano una relazione sentimentale travagliata in cui la nostalgia verso casa la fa da padrona: alla fine si intuisce che, probabilmente, le parti siano più a loro agio così come sono, irraggiungibili, ma alla distanza necessaria per stare meglio e capire ciò che realmente si prova.
All’interno dell’EP troviamo anche “Buone Maniere”, “Fiori” e “One More Day” – unico brano in lingua inglese fra questi. Ciò che però caratterizza, in mezzo a tutte queste differenze tematiche, “Contro la Parte più Bella” è sicuramente la sua verve rock, evidenziata da una serie di assoli ben riusciti sparsi lungo tutto il progetto; anche il cantato risulta alquanto peculiare, tipico di chi possiede la giusta personalità: sarà un piacere ritrovarceli sul palco, nei prossimi mesi.
TRACCIA PREFERITA: “Satelliti”
Tags: Contro la parte più bella, Mendicanti di Luce, recensione