- per Antonio Contu'
- in Recensioni
- on 16/10/2020

La vena creativa del rapper romano Metal Carter si riversa sulla sua nona raccolta d’inediti: “Fresh Kill” ha visto la luce lo scorso venerdì, anticipato dall’uscita di tre singoli ed a due anni esatti di distanza dalla release di Slasher Movie Stile.
Solito stile crudo e diretto, supportato dalle impeccabili atmosfere cupe e cinematografiche messe a disposizione dal producer Akira Beats: Metal Carter si scaglia verso infami ed hater, non disdegnando attacchi verso colleghi e cliché a cui si sentono legati.
Il rapper racconta così il suo disagio nel rapportarsi con il mondo attuale, facendone spesso una questione di rispetto prima che di meritocrazia: l’artista 42enne rivendica tra le righe la sua lunga militanza in una scena in cui probabilmente fatica a riconoscersi, a causa della trasformazione mainstream del genere in Italia.
Come per l’album precedente, purtroppo, non ci convincono le forzature di alcune rime, così come l’adattamento metrico che l’artista impone in molti brani; anche il flow si adombra in un approccio troppo standardizzato, che risente in maniera impellente di quell’extrabeat che non arriva quasi mai.
Metal Carter conferma dunque la sua mancata evoluzione stilistica ed involuzione lirica, ma siamo certi che alla sua fan base va bene così: non ha tutti i torti l’artista quando definisce il suo rap “istituzionale”, e “Fresh Kill” non fa altro che ribadire le sue classiche peculiarità.
TRACCIA PREFERITA: NO SOCIETY SUCKERS (FEAT. SICK BOY SIMON, DIRTY DAGOTS)
Tags: Fresh kill, Metal Carter, recensione