- per Antonio Contu'
- in Recensioni
- on 10/03/2022

Rancore non è mai stato un rapper di facile ascolto: la sua scrittura ermetica gli ha permesso di esplorare vari mondi e di raccontarli attraverso la musica. Negli ultimi anni, poi, è riuscito a colpire perfino il grande pubblico di Sanremo, partecipando alle edizioni 2019/2020 e vincendo entrambe le volte il premio per il miglior testo in gara.
Al rapper non è mai importato essere capito dai fan, e ai fan non è mai importato capire totalmente il rapper: Rancore fa parte di quella fetta di artisti come Caparezza e Murubutu che anche se producono materiale di difficile comprensione vengono elogiati ugualmente. Lo spessore dei testi, i concept che tengono unite le tracce, la maniacalità nell’uso delle parole sono aspetti che hanno fatto di Tarek – vero nome dell’artista romano – uno dei personaggi più apprezzati del panorama musicale italiano.
“X Agosto 2048” – assieme a “Lontano 2036” e “Arakno 2100” – anticipa “XENOVERSE”, quinto album dell’artista. Lo “xenoverso” è un concetto spiegato dallo stesso Rancore come “tutto ciò che è inconoscibile e inclassificabile nei fenomeni del nostro universo”, e tramite i misteri celati dietro a questa definizione, l’autore crea una storia che lo raffigura come messaggero proveniente dal futuro, con il compito di recapitare alcune lettere.
Nello specifico, “X Agosto 2048” è una lettera scritta da un padre al figlio, a dodici anni di distanza dalla Grande Guerra. Nel 2048 il padre svolge la professione di netturbino spaziale, raccogliendo i rifiuti rimasti in orbita durante il conflitto e impedendo che questi precipitino sulla Terra. L’allontanamento dalla famiglia causa al protagonista nostalgia e rimorso, difatti il testo è incentrato sulle lacrime versate per una vita infelice.
Le emozioni provate e il rapporto padre-figlio hanno permesso a Rancore di citare la poesia di Pascoli “X Agosto” sia nel titolo che nelle strofe, dando prova per l’ennesima volta della sua cultura e della fantasia con cui riesce a collegare elementi all’apparenza distanti tra loro.
Tags: Rancore, rap italiano, recensione