- per Antonio Contu'
- in Recensioni
- on 21/03/2019

”Dove gli occhi non arrivano”, probabilmente, è il disco più atteso della scena rap/hip-hop italiana da quando è iniziato questo 2019. Lecito quindi avere delle aspettative piuttosto alte, dato anche il livello di scrittura di Mirko Martorana, in arte Rkomi, che ben ci aveva abituato da ”Io in terra” in poi.
Premettiamo che recensire un lavoro del rapper milanese dopo una prima impressione è davvero difficile, data l’attitudine del ragazzo ad incastrare metriche e spostare accenti. Se poi ci mettiamo l’astrattività di molti testi e le mille allusioni presenti, il lavoro diventa alquanto complicato.
La prima traccia è quella che da il nome all’album, e subito notiamo una certa propensione all’utilizzo di beat più pop che rap; la cosa non ci sorprende più di tanto: Charlie Charles, producer dell’intero album, ha già ampiamente dimostrato di saperci fare anche con produzioni non prettamente hip-hop (Soldi di Mahmood docet). E questa situazione si ripresenta anche in ”Blu”, seconda traccia dell’album: un pezzo molto radiofonico, incalzante ma un filo malinconico. Bella, orecchiabile, e con un Elisa sempre impeccabile, che riesce ad esaltare qualsiasi collaborazione, anche la più improbabile.
La terza traccia, ”La U”, si presenta inizialmente con una base trap consistente: testo passionale, ma ritornello rovinato da una ritmica che sembra scollegata dal resto del beat. ”Boogie Nights”, invece, risulta facile come calciare un rigore a porta vuota: ritmica trap-pop cucita su misura sull’ospite della traccia, il buon Ghali, e testo che sembra raccontare degli sbalzi d’umore dovuti a particolari situazioni.
La quinta traccia, ”Visti dall’alto”, è forse la più profonda dell’album. Merito sicuramente di una produzione eccellente, dello zampino di Dardust e di un testo tanto intrinseco quanto sincero: qui, Rkomi prova a raccontare e rivalutare un rapporto logoro. Nella traccia con Carl Brave, ”Impressione”, si tende invece a tornare su toni più scanzonati, e si invita a rimettere insieme i cocci della propria vita per risollevarsi da situazioni difficili, senza dare troppo peso al giudizio altrui.
In ”Alice”, Mirko racconta di come la protagonista della traccia provi gusto a mettersi nei guai; qui l’autore riprende piena facoltà del suo stile, tornando a proporci sonorità e barre molto più inerenti ai suoi vecchi lavori.
l’ottava traccia, dedicata alla capacità della musica di trasformare umore e comportamenti, vi invitiamo a tenerla d’occhio: infatti, nella leggerezza e freschezza di ”Canzone”, in collaborazione con Jovanotti, tendiamo ad intravedere una possibile hit estiva; In ”Per un no”, invece, Rkomi non contempla la negazione, la quale non gli propone stimoli e imput.
Un’altra produzione chimerica possiamo ritrovarla nella decima track, ”Gioco”, che narra di un rapporto che disturba il protagonista per le sfaccettature più disparate imposte dalla relazione; ”Moncheri”, featuring Sfera Ebbasta, invece, è dedicata ad una plausibile preda: possibile singolo, accompagnato da un testo non certo Shakespeariano.
L’album va a chiudersi prima con un inedito ritmo funky-rap in ”Cose che capitano”, che espone alcuni tipi di inconvenienti al quale si può incappare quando si è distratti, e poi con ”Mikado”, il pezzo più autocelebrativo dell’album, nonostante nel testo si tratti proprio il tema opposto, ovvero di come l’autore preferisce mantenere un profilo più basso rispetto ai propri colleghi. Piccola curiosità-appunto: il beat di questa traccia assomiglia terribilmente a quello di ”Di nascosto”, traccia di Marracash in collaborazione con Gue Pequeno inclusa nell’album ”Status” nel 2015.
Insomma, un lavoro accurato e ragionato quello del rapper di Calvairate: stile e sonorità furbescamente più sgrezzate e mainstream, probabilmente di comune accordo con Universal, per renderlo il più appetibile e radiofonico possibile, senza esagerare e con un occhio di riguardo ai fan di vecchia data.
TRACCIA PREFERITA: VISTI DALL’ALTO