- per Antonio Contu'
- in Novità
- on 31/05/2023

Lo scorso venerdì è uscito “RIDICULUM“, il primo album ufficiale di TakeOne. Un progetto impegnato, che lascia spazio a molte digressioni melodiche ma che al tempo stesso delinea l’identità artistica dell’autore, dimostratosi poliedrico sotto ogni aspetto del lavoro.
Abbiamo scambiato qualche battuta con il 25enne artista lucano, da tempo in pianta stabile a Milano, per comprendere le sfumature del long play ed i suoi obbiettivi: abbiamo trovato davanti a noi un ragazzo determinato e consapevole delle proprie capacità, pronto a dare finalmente sfogo al suo talento.
Ciao Vincenzo, benvenuto su Primo Ascolto.
“RIDICULUM”, il tuo primo album ufficiale, è fuori da una manciata di giorni: qual’è stato il processo creativo e le priorità artistiche che hai seguito durante la realizzazione di questo lavoro?
Ciao ragazzi! “RIDICULUM” deriva da un processo creativo abbastanza ampio, considerando che ci ho lavorato per quasi due anni. Inizialmente sono stato poco costante perché ho avuto priorità di sopravvivenza, sai com’è, da emergente la musica è un lavoro a tempo pieno che fai gratuitamente. Nell’album ci sono anche tracce che ho scritto molti anni fa, modificate e riarrangiate nell’ultimo periodo. Nella mia testa c’erano così tante idee, momenti, esperienze da raccontare che l’unico modo per fare ordine era trascriverle in 11 canzoni. Il concetto di album per me è importante: fare un singolo alla volta sarebbe stato più comodo da gestire e anche più producente, è vero, ma le necessità artistiche hanno prevalso su quelle di mercato. Ho avuto la fortuna di lavorare con gente capace di tradurre queste mie necessità: c’è stata una cura dettagliata in tutto, la scelta degli strumenti, la ricerca di nuove sonorità, l’ordine della tracklist, i featuring. La scrittura di questo album è stata anche dettata dalla voglia di trovare persone che si rivedono in quello che dico, dai giovani incompresi agli adulti. Recepisco bene le ansie che provano i ragazzi della mia generazione che sono in continua ricerca di risposte e affermazioni che difficilmente sono accolte dalla società in cui viviamo, l’album parla molto anche di questo.
Qual è la traccia o il momento più significativo a cui sei maggiormente legato se ripensi al concepimento di “RIDICULUM”?
Di bei momenti ne ricordo pochi, anche se ce ne saranno stati tanti. Semplicemente perché riconosco di essere una persona particolarmente ansiosa, quindi nel concepimento dell’album ero così concentrato che non sono riuscito a godermi le circostanze in maniera positiva. D’altronde per me è sempre stato così. Però adesso guardandomi indietro sono soddisfatto, sono un pò riuscito ad ottenere quello che volevo, sono sollevato e pronto per fare altra musica. Il momento più significativo? L’uscita, il live.
Pur mantenendo spesso uno stile hip hop nelle parti cantate, vai a svariare spesso e volentieri su digressioni sonore che esulano dallo stile vocale: mantenendoci dentro i nostri confini, quale artista italiano può aver forgiato questa tua attitudine? Personalmente, dopo il primo approccio a “RIDICULUM” abbiamo trovato qualche similitudine ad esempio con Salmo, o con lo stile metrico di Ernia: possono essere stati, anche inconsciamente, una fonte d’ispirazione?
Le mie fonti di ispirazioni principali sono più estere però ascolto tanto il rap italiano. Sono fan dei pilastri di questo genere che sicuramente in maniera non intenzionale influiscono nello stile che pratico. Avete citato due artisti fantastici per cui per me è appagante se in qualche modo somiglio in parte a loro. Se devo citarvi un artista italiano che mi piace molto vi nomino Fibra, infatti “Rapper preferito” l’ho scritta ispirandomi proprio ad una sua frase, che ripeto nel ritornello. Ridiculum è pieno di autoironia e di una sorta di disdegno beffardo verso se stessi, Fabri Fibra con “Mr Simpatia” è stato il pioniere di questa manifestazione.
Hai collaborato con altri artisti in diversi brani dell’album, se consideriamo producer ed interpreti. Come hai scelto queste collaborazioni e quale ruolo hanno svolto nell’arricchire il progetto complessivo?
In primis dalla fiducia. Mi fido molto delle persone che hanno lavorato in questo disco. René Cart e Redosa sono due amici che hanno svolto non solo il ruolo di produttori, ma di direttori artistici dell’intero progetto. Questo perché mi hanno dato consigli e suggerimenti dalla creazione alla pubblicazione dell’album, sono stati dei riferimenti. Con René abbiamo lavorato molto insieme quindi per noi fare “Rapper preferito” e “Marathonissi” è stato come ritornare nel campo di battaglia, c’è una forte intesa fra noi. Lui è bravissimo e molto preciso in quello che fa, il suo stile è sempre riconoscibile nelle canzoni. Con “Rapper preferito” siamo
riusciti a creare la vera identità di Ridiculum. Con Alfredo (Redosa), produttore di “Mare nero” e “Gocce”, ci conosciamo da una vita e lui ha questa grande capacità di prendere i gusti del proprio repertorio musicale e riportarli in chiave contemporanea nelle sue produzioni. E’ un musicista a tutti gli effetti, dietro quelle tracce
ha fatto un lavoro di ricerca musicale incredibile. Per quanto riguarda i featuring le voci femminili erano necessarie in questo disco, e le due ragazze si sono dimostrate valenti e irreprensibili . L’idea di “Icaro” l’ha avuta Diana, secondo me una genialità, e rispecchiava benissimo le tematiche dell’album: è stata da subito disponibile ed ha trattato il ritornello con molta finezza. Io nelle strofe impersonifico Icaro. Malita ha una voce pulitissima ed è una vera professionista, ha fatto un ritornello con un impatto emotivo enorme ed ha saputo cogliere l’essenza di un pezzo molto personale. “Gocce” è un brano coinvolgente.
In “ARCOBALENO” fai riferimento a Milano, che possiamo ormai definire la tua città adottiva. Che rapporto hai con i suoi ritmi frenetici e caotici?
Milano mi piace perché riesco a toccare con mano quello che amo seguire nella musica, è una città ricca di opportunità, ma difficili da cogliere. Non penso sia un posto accogliente perché qui non ti aiuta nessuno, devi farti largo da solo in un mare di persone ambiziose e imparare a stare ai ritmi della città, ed è giusto che sia così. E’ una città che mi rispecchia molto proprio per i suoi ritmi precisi e frenetici e per le infinite identità che contiene. Con il tempo Milano mi ha formato e forgiato sia a livello umano che lavorativo, per
me è una fonte di ispirazione.
Per “RIDICULUM” hai scelto di procedere in maniera totalmente autonoma e di affidarti all’autoproduzione: se dovessero bussare delle label saresti disposto a discutere dell’affidamento dei prossimi lavori o credi sia ancora prematuro?
Con Ridiculum penso di aver raggiunto un level up importante, sia a livello artistico che promozionale. E questo non mi impedisce di collaborare con delle label, anzi, sono abbastanza disposto ad affidare la miamusica a gente competente con le quali sostenere delle idee e proposte valide. Però parliamoci chiaro, gli
artisti che vogliono emergere sono tanti e spesso non è facile fare ordine, bisogna essere bravi a vendersi e proporsi ovunque. Oggi la credibilità è dettata dai numeri, dai follower, dalle visualizzazioni, e tutto questo non puoi ottenerlo da solo. Se fai un bellissimo lavoro ma non hai un team di persone che supportano il tuo operato in maniera funzionale non vai molto lontano. In parole povere: se hai pochi numeri non susciti
curiosità. Per cui le label sono utili proprio perché si fa squadra, ci sono più teste, più occhi e più orecchie, non hai più solo la tua visione ma quella di tanti altri, e questo inevitabilmente porta a dei risultati.
Prima di salutarci ti chiediamo: avrai modo di portare “RIDICULUM” dal vivo oppure preferisci aspettare i primi feedback?
Assolutamente sì, ho già fatto una data la sera prima dell’uscita dell’album e voglio farne altre. Per me il live è importante, è la forma musicale più concreta perché lì capisci davvero il tipo di impatto che hanno le canzoni sugli ascoltatori e che modello di artista dimostri di essere. Ridiculum l’ho scritto anche con la consapevolezza di portarlo live e inoltre ho studiato ogni dettaglio delle mie performance. Questo album in concerto è una bomba, ha avuto un impatto coinvolgente nel pubblico e non mi aspettavo suscitasse così tanto interesse. Le esperienze che ho maturato sul palco sono state tutte utili, mi sento pronto e voglioso diportare la mia musica dappertutto. Ci sono alcuni artisti miei coetanei che nonostante la precoce età cantano totalmente in playback, però così è una noia mortale: non c’è divertimento, viene inasprito proprio il concetto di live. Chiamate me, non ve ne pentirete!
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