- per Antonio Contu'
- in Recensioni
- on 18/05/2019

Recensire un qualsiasi prodotto di Vinicio Capossela dopo il primo ascolto è qualcosa di davvero complicato: l’agglomerato di saccenza, cultura ed introspezione personale dell’autore necessita di adeguate e ponderate riflessioni, o si rischia di annaspare dentro la consideratezza delle espressioni linguistiche e letterarie del maestro irpino.
Quasi ottanta minuti di appassionanti novelle, spesso più poetiche che cantautorali, a raccontare le problematiche del mondo contemporaneo parafrasandone le tematiche: ”Ballate per uomini e bestie” è questo e non solo.
L’album si apre con la cupa ”Uro”, a tratti suggestiva, ma capace di assegnare un imprinting misterioso allo pseudo ascoltatore, che rimane affascinato ad attendere il brano successivo; segue ”Il povero Cristo”, singolo che ha anticipato il progetto, che va a raccontarci di un Dio impersonato da un uomo comune, costretto da debolezze e cattiveria altrui ad arrendersi al destino del mondo; ”La peste”, come invece ampiamente anticipato, è il brano che Capossela ha dedicato a Tiziana Cantone, vittima delle cattiverie del web a causa di un filmato hard finito in rete: qui l’autore giudica l’abuso della tecnologia come una sorta di epidemia davvero pericolosa.
Si prosegue con ”Danza macabra”, dove Capossela ci delizia di un inaspettato cambio di ritmo all’interno del brano stesso, passando da una sorta di marcia quasi funebre ad una frenetica tarantella; Nel ”Il testamento del porco”, vengono invece fuori i primi riferimenti al mondo animale che hanno ispirato il titolo e buona parte delle tracce: qui emergono delle surreali memorie di un maiale, sacrificato e suddiviso in parti, che vengono distribuite con delle logiche ragionate e già definite.
A seguire troviamo la cronaca poetica di ”Ballata del carcere di Reading”, ispirata ad un particolare lirismo di Oscar Wilde, che nella sua intrinseca complessità va a condannare la pena di morte e il carcere, reputandoli dei vigliacchi strumenti inibitori.
”Nuove tentazioni di Sant Antonio”, settima traccia dell’album, è il brano forse più rock di questo progetto, con la coaudivazione di sonorità mistiche: l’autore fa macchiavellici riferimenti alla brama dell’uomo nei confronti degli animali, intesi come esseri indifesi; ”La belle dame sans merci” è un’opera cantautorale dedicata all’innamoramento, capace di incantare l’ascoltatore come solo De Andrè riusciva a fare; non cambia il mood in ”Perfetta Letizia”, che va a riprendere le riflessioni di San Francesco nel florilegio ”I Fioretti”.
Da qui alla fine, ogni traccia presenta delle interpretazioni estetiche del linguaggio che riportano al mondo animale, a sua volta comparato alla universalità umana contemporanea: nella fantasiosa ”I musicanti di Brema”, infatti, si racconta dell’ascesa musicale di un asino, che strada facendo assolda nuovi personaggi per dare seguito al suo successo; ”Loup Garou”, invece, vira più sul mitologico, impersonificandosi in un licantropo che vuole seguire i suoi innati istinti.
Segue ”La giraffa di Imola”, dove la maestria di un animale abituato ad un luogo magico come la savana viene proiettata in una realtà cittadina, dal quale si tenta di fuggire nonostante le alte possibiltà di lasciarci le penne; ”Di città in città (e porta l’orso)” emerge la testardaggine dell’essere umano nel seguire i propri ideali, per poi essere risucchiato e nello stesso tempo ”addomesticato” da tutto il peggio che il mondo può dare; chiude ”La lumaca”, brano talmente pacato da imporre il suo significato a partire dal ritmo: qui il cantautore ci racconta di come sia possibile, utilizzando mezzi non proprio arguti, lasciare al mondo un’impronta di sè.
L’accuratezza con il quale vengono scanditi i brani da l’ennesima conferma di come il maestro Capossela non lasci davvero nulla al caso: pochi, nel panorama contemporaneo italiano, hanno codeste capacità e possono permettersi di avere, passateci il termine, l’arroganza musicale di cambiare mood di un brano durante la canzone stessa, senza vedersi intaccare l’intensità che la traccia vuole imprimere. La licenza poetica e culturale di Vinicio Capossela va oltre, lasciandoci nelle cuffie un progetto che è più un opera d’arte che un album musicale.
TRACCIA PREFERITA: LA GIRAFFA DI IMOLA